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Gestire le emozioni negative. L' Accettazione secondo l'ACT

Gestire le emozioni negative. L’ Accettazione secondo l’ACT

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In un precedente articolo ho parlato della defusione, cioè della capacità di separarsi, prendere le distanze, dai pensieri disturbanti. Quando però sono gli stati affettivi cioè le sensazioni, gli impulsi, le emozioni, i sentimenti, ad essere fastidiosi e dolorosi e a monopolizzare la tua coscienza, l’Acceptance and Commitment Therapy, una moderna forma di psicoterapia il cui l’acronimo é ACT, ritiene che sia più opportuno gestirle con “l’accettazione”, che è l’oggetto di questo articolo.
L’accettazione, è uno dei sei processi fondamentali dell’ ACT che favorisce il benessere psicologico ed esistenziale , contrapposto all’evitamento esperienziale che è relativo alla rigidità psicologica e al malessere. In parole semplici l’accettazione consiste nell’entrare in contatto psicologico con le esperienze private indesiderabili in modo pieno, aperto, e indifeso. Significa consentire alle nostre emozioni, ai nostri sentimenti, alle nostre sensazioni di essere come sono, indipendentemente dal fatto che siano piacevoli o dolorosi; consiste nell’aprirsi creando uno spazio per loro, fare in modo che questi siano liberi di andare e venire in modo naturale, lasciando cadere la “lotta” che in genere viene intrapresa nei confronti di ciò che è vissuto come sgradevole. Un termine che può essere utilizzato al posto di accettazione è disponibilità (essere disponibile). Disponibilità nei confronti dei propri pensieri e sentimenti per quello che sono. Altre espressioni che possono rendere un’idea corretta del termine accettazione sono:
“Permettigli di essere lì. Apriti e fagli spazio. Dagli il permesso di essere dov’è già. Lascia andare la lotta. Smetti di combatterci. Facci la pace. Dagli un po’ di spazio. Molla la presa. Lascia che sia. Respiraci dentro. Smetti di sprecare le tue energie per spingerlo via.”
Nell’ evitamento delle proprie esperienze interne dolorose si ha spesso la sensazione di sentirsi meglio. Il sollievo immediato associato alla fuga o alla soppressione di un emozione, di una situazione o un interazione avversiva è un premio così seducente che quasi tutti gli esseri umani cadono spesso nel l’evitamento esperienziale. La causa di ciò è dovuto al fatto che il comportamento umano è controllato da associazioni e condizionamenti immediati che impediscono di vedere gli effetti deleteri a lungo termine, cadendo così, nella trappola di preferire un immediato sollievo da una situazione dolorosa piuttosto che scegliere di abbracciarla per poterla meglio comprenderla e gestirla.
Un grande fraintendimento, che devo subito smentire, è quello di credere che l’accettazione si riferisca alle situazioni esterne della vita, alle ingiustizie, alle prevaricazioni che possiamo avere la sfortuna di subire. Accettazione è l’abbreviazione di accettazione esperienziale, e fa riferimento all’ esperienza interna, riguarda i nostri stati affettivi, i nostri ricordi e i nostri timori, riguarda la nostra interiorità. Non si riferisce alle situazioni esterne. Non si tratta quindi di: tolleranza, “stringere i denti”, “tirare avanti” o “far buon viso a cattiva sorte”. Niente di tutto questo!

L’accettazione è un processo che ti consente di evitare il dolore sporco. Mi spiego; secondo l’ ACT esistono fondamentalmente due tipi di sofferenza: la “sofferenza pulita” e la “sofferenza sporca”. Il “dolore pulito” è quella quota di sofferenza, connaturata con l’esistenza, a cui non possiamo sottrarci. E’ il malessere originario che proviamo in risposta ad un’ avversità della vita reale, è un’esperienza normale e naturale. Il “dolore sporco” scaturisce dall’inutile lotta che intraprendiamo quando cerchiamo di controllare o eliminare il “dolore pulito”. Un esempio chiarirà questo concetto. Immagina che tu sia ansioso perché ti attende una prova, di studio o di lavoro, per esempio. Stai sicuramente vivendo qualcosa di sgradevole, di doloroso. Fino a questo punto ti trovi in una condizione di “dolore pulito”. L’ansia è una risposta normale a certi eventi e, nota bene, potrebbe essere funzionale e utile alla prova che devi sostenere perché un giusto livello di attivazione e allerta è adatto alle sfide impegnative. Ma, potresti decidere di non accettare le sensazioni che stai provando e lottarci contro. Potresti affliggerti quindi, oltre che per la preoccupazione della prova, anche per opportunistiche emozioni secondarie. Potresti provare una rabbia secondaria all’ansia “…non è giusto che mi facciano sentire così…” oppure potresti avere ansia per la tua ansia “…tutto questo non mi fa bene, finirò per ammalarmi…” o tristezza “…è possibile che io non possa stare mai tranquillo?”
Va sottolineato anche che l’accettazione si differenzia dalla tolleranza in quanto quest’ultima è uno stato passivo, mentre la propositività caratterizza sempre l’accettazione. L’accettazione quindi non è un fine in sé. Non si ottiene benessere psicologico semplicemente percependo i propri sentimenti o sentendo le proprie sensazioni dalla mattina alla sera. Ma, l’apertura e l’esposizione che pratichiamo attorno all’emozione sgradevole, al nucleo di sofferenza che stiamo vivendo, ci suggerisce sempre una o più azioni utili che possiamo intraprendere. L’accettazione è il processo attivo che consente di apprendere dalle proprie esperienze interne, e promuovere così l’ampiezza e la complessità delle proprie risposte. E’ una base di partenza ideale per favorire e sostenere la compassione verso se stessi e gli altri. Non a caso Russ Harris, uno dei principali esponenti dell’ ACT, utilizza la parola accrescimento al posto di accettazione proprio per enfatizzare il suo potenziale di sviluppo. Grazie all’accettazione potrai liberare le energie utilizzate in una inutile e controproducente lotta contro le emozioni sgradevoli, per poterle utilizzare in azioni utili e coerenti con i tuoi valori.

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