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L’autosabotaggio: cause, travestimenti e qualche consiglio per contrastarlo

L’autosabotaggio: da cosa è causato, i suoi travestimenti e qualche consiglio per contrastarlo

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Nel suo aspetto più semplice e superficiale possiamo dire che l’autosabotaggio è un modello comportamentale che ha l’effetto di minare, intralciare, danneggiare, indebolire il raggiungimento dei nostri obiettivi o successi, oppure, nella sua forma passiva è tutto ciò che promuove il disimpegno; tutto ciò che ci impedisce di impegnarci in modo sufficiente, o il ritirarci dall’ imminente raggiungimento di un dato obiettivo, in modo che questo rimanga incompiuto.
Il quadro dell’ autosabotaggio, a volte, viene enormemente complicato dal fatto che la modalità comportamentale è affiancata da complesse e particolari dinamiche di pensiero, e relativi stati emotivi, ( per lo più inconsapevoli) che è necessario sviscerare per avere una comprensione del fenomeno, che, nella sua facciata esteriore apparirebbe come inspiegabile o paradossale. (quella “roba” che ti fa dire con stupore e sgomento : “ ma perché mi sono comportato così” oppure, “perché non ho fatto quelle cose semplici che era necessario fare?”)
Al fine di comprendere l’autosabotaggio è necessario prendere in considerazione un meccanismo mentale di origine ancestrale, che si è quindi sviluppato nel corso dell’evoluzione umana, che faceva sì che l’individuo provasse un senso di benessere, sicurezza, soddisfazione, sia quando raggiungeva un obiettivo benefico e desiderato, il quale avrebbe comportato un aumento della probabilità di sopravvivenza e di successo riproduttivo, sia quando evitava situazioni svantaggiose, pericolose, sgradevoli, il verificarsi delle quali avrebbero diminuito la sua probabilità di sopravvivenza e di successo riproduttivo.
È evidente che nella dinamica mentale ed esistenziale di un individuo si creano due poli antitetici contrapposti: da una parte una spinta intraprendente, risoluta, audace rivolta al raggiungimento di qualcosa, dall’altra, una ritrosia timorosa, passiva, apatica tesa all’evitamento di una possibile minaccia.
A complicare le cose, per quanto riguarda il particolarissimo animale che è l’essere umano, è il fatto che ciò che viene considerato favorevole o sfavorevole sono aspetti inerenti alla reputazione, che riguardano quindi il prestigio, la considerazione, la stima che aneliamo ottenere dai nostri simili, o al suo contrario, quindi la riprovazione, il disprezzo e la svalutazione, che tanto vogliamo evitare.
È lapalissiano che il raggiungimento di un obiettivo sarà tanto più probabile quanto maggiore sarà l’impegno costante speso per il suo ottenimento. Ma, per il meccanismo antitetico precedentemente descritto, la scalata verso un obiettivo riceve una spinta motivazionale o un’ inibizione, a seconda che nella mente della persona prevalgano aspettative di successo o di insuccesso.
Lo slancio nella direzione che rende più probabile il raggiungimento del successo, quello dello sforzo concreto e costante, può ricevere un forte impedimento qualora nella mente della persona si palesino immagini di fallimento. Tale eventualità è resa più probabile da alcune “credenze interiorizzate”, cioè convinzioni e atteggiamenti, profondamente radicati nella mente della persona, il cui potere influenzante spesso agisce inconsapevolmente. Tra le più importanti: 1) la propria autoefficacia, (cioè la valutazione che diamo di noi stessi sulla capacità di saper fare qualcosa), 2) perfezionismo, 3) la mancata mentalità di crescita progressiva, 4) catastrofizzazione, 5) conformarsi rigidamente ai dettami sociali o familiari,6) ritenere che si debba sempre, costantemente, essere fortemente motivati e invogliati 7) la paura del cambiamento e, 8) l’eccessivo bisogno di controllo.

Entriamo nel dettaglio per ognuno di questi punti.
1) Per quanto riguarda le persone che hanno una bassa autoefficacia, qualora siano in procinto di raggiungere la meta desiderata; una nuova posizione lavorativa, laurearsi, aver trovato un partner, eccetera, sono colte, più o meno consapevolmente, dal timore che gli altri possano attendersi da loro più di quello che ritengono di poter offrire, temendo quindi di trovarsi in una situazione imbarazzante in cui appaiono deludenti.
Inoltre, avere una bassa autoefficacia ti pone nella condizione di valutare come molto probabile il fallimento. Situazione questa che rende più vigorosa la forza inibente che ho menzionato prima. Oltre a ciò, riguardo al fallimento è opportuno fare una distinzione: non tutti i fallimenti sono uguali. Ci sono dei fallimenti imputabili a caratteristiche stabili, essenziali della nostra personalità, e fallimenti attribuibili a caratteristiche accidentali e temporanee, non costitutive di noi. Le persone con bassa autoefficacia che si aspettano il fallimento, cercheranno di creare delle situazioni in cui questo sia imputabile, ai loro occhi, e a quelli di eventuali spettatori, a caratteristiche di sé fortuite e incidentali. In sintesi, preventivamente si creano degli alibi a cui aggrapparsi per poter affrontare nel modo meno disonorevole possibile il fallimento. È questo per esempio il caso tipico dello studente che la sera prima dell’esame fa tardi e si ubriaca perché potrà dirsi e dire, per esempio, che il non aver superato l’esame non è imputabile ad una bassa intelligenza, caratteristica che è stabile e permanente, ma ad una leggerezza che è appunto temporanea e non caratterizzante dell’intera persona.
Oppure c’è chi affronta le cose impegnandosi poco, in maniera palesemente svogliata, indolente, privo di interesse, in modo da dare l’impressione, a se stesso e agli altri, che il fallimento è stato causato da un disimpegno, una trasandatezza, temporanea e non da caratteristiche stabili della propria persona.
2) la trappola del perfezionismo  ovvero il tentativo controproducente di far coincidere te stesso con una visione idealizzata e perfetta di te. La trappola è data dal fatto che tale coincidenza non avverrà mai, tuttalpiù potrai averne un fugace sentore, in occasioni sporadiche, che si dissolve in pochissimo tempo. L’insoddisfazione che scaturisce dal constatare ciò ti porterà ad abbandonare gli sforzi necessari per portare avanti la tua evoluzione.

Strettamente legata al perfezionismo è la credenza che si abbiano delle qualità fisse già precostituite e che non debbano essere aumentate, migliorate , raffinate, ovvero 3) la mancata mentalità di crescita progressiva. In parole semplici, manca l’idea di costruire un qualcosa un pezzetto alla volta. Questo intrappolerà la persona nell’aspettativa immaginaria e illusoria di far coincidere la propria scalata al risultato desiderato con un percorso veloce, lineare, senza intoppi, senza battute d’arresto. Constatare che ciò non si verifica, perché la stragrande maggioranza dei percorsi di successo sono caratterizzati da prove ed errori, da cadute e dalla capacità di rialzarsi, può gettare la persona in uno sconforto rinunciatario.
Diversamente, una mentalità di crescita progressiva, ovvero consentirsi un tempo sufficiente per ottenere un dato risultato, svolto lungo un percorso in cui ci si percepisce come degli apprendisti che devono imparare dalle proprie esperienze, rende meno spaventosa la possibilità di incappare in errori e battute d’arresto. Credere che le nostre qualità siano fisse, immutabili, che ci siano o non ci siano, potrebbe convincerti che non c’è nulla da costruire, e che ogni evento è potenzialmente in grado di rimandarci il nostro immutabile valore. Con tale prospettiva è chiaro che ogni prova diventi spaventosa e potenzialmente paralizzante.
Un’altra credenza interiorizzata che favorisce l’autosabotaggio è la 4) tendenza alla catastrofizzazione; la propensione di concentrarsi sullo scenario peggiore, non importa quanto sia improbabile. Avere in primo piano, nella propria mente, scenari così disastrosi ti porterà a sentirti in grave pericolo; la conseguenza di ciò sarà quella di renderti fortemente inibito o rinunciatario nei confronti dei tuoi progetti o desideri. Qualora tu decida, comunque, di muoverti e agire, sentirai il bisogno di adottare così tanti accorgimenti protettivi che renderanno il tuo incedere farraginoso e rallentato, sicuramente poco efficace.
Tutte le credenze, le convinzioni, gli atteggiamenti relative alla necessità di 5) conformarsi ai dettami sociali o familiari a cui si è esposti, possono condurre a non soffermarsi e riflettere su quali siano i nostri valori fondamentali, su quali siano i principi in sintonia con gli aspetti più profondi ed importanti della propria essenza. Alcuni potrebbero farsi guidare e prendere decisioni, basate su aspetti più superficiali, e lasciarsi quindi guidare da pressioni, spinte, sollecitazioni conformistiche. In parole semplici in base a ciò che gli altri vogliono che facciamo (“I miei genitori hanno sempre voluto che diventassi ingegnere, quindi studierò ingegneria”, “Tutti i miei coetanei stanno mettendo su famiglia, quindi probabilmente dovrei farlo anch’io”). Va da se che adottare comportamenti poco sentiti, che non riflettono inclinazioni, predisposizioni, desideri propri, portino ad uno stato costante di insoddisfazione, sentimento che rende molto probabile la contraddittorietà comportamentale, tipica dell’ autosabotaggio.
Altra credenza interiorizzata, è 6) avere l’aspettativa che per iniziare a fare qualcosa, e mantenere attivo e costante l’impegno, si debba essere fortemente e costantemente motivati e che tale attività sia accompagnata sempre da sensazioni ed emozioni piacevoli. In parole semplici: “l’avere voglia”. Semplicemente non funziona così. Di ciò ne parlo più dettagliatamente nella parte finale dell’video/articolo quando proporrò delle strategie per contrastare l’autosabotaggio.
E arriviamo a considerare il tema della 7) paura del cambiamento: La trappola della familiarità. È banale dire che tutto ciò che è familiare è rassicurante, confortante e fornisce una tregua dall’ansia e dall’ incertezza rispetto a tutto ciò che è ignoto. All’interno dei nostri ambienti familiari possiamo minimizzare il dispendio energetico; sappiamo esattamente cosa aspettarci e come rispondervi, non è necessaria la pratica dell’apprendimento ed un costante stato di allerta. Altresì sussiste un senso piacevolmente illusorio sulla controllabilità della propria vita e del futuro. Ma, ciò che è stato osservato, ripetutamente sia in studi strutturati che nell’esperienza di tutti noi è il fatto che: tutte le nostre performance, attività e azioni, tendono ad appiattirsi, perdere lo slancio vitale e l’entusiasmo dei primi tempi, non si riesce più ad ottenere la costanza, la resa e il vigore, di quando abbiamo iniziato a fare qualcosa. E ciò accade sia in ambito lavorativo che nella vita di tutti i giorni; per esempio nei tuoi sforzi per perdere peso, per tenersi in forma, per avere una vita relazionale affettiva arricchente. Al fine di mantenerci su livelli elevati di entusiasmo e energia saremo sempre chiamati a stimolarci con sforzi creativi e slanci verso l’inesplorato: Inoltre, la cruda verità, è che anche se tu non vorresti cambiare, il mondo intorno a te sicuramente cambierà ed evolverà. Quindi, nonostante si venga ammoniti, di non lasciare la strada vecchia per la nuova e di non fare il passo più lungo della gamba, siamo sempre chiamati a “gettare il cuore oltre l’ostacolo”, come si dice, e a confrontarci con l’ignoto. La tua evoluzione richiederà di sperimentarti, per prove ed errori, in ambiti sconosciuti, assumerti dei rischi, col carico di fatica e di sana ansia che ciò comporterà. La buona notizia è che imparare qualcosa di nuovo è un ottimo naturale antidepressivo, un’ energizzante, un rigenerante; si sprecano ricerche che affermano che tenersi in costante stato di apprendimento, nel senso più ampio del termine, sia protettivo nei confronti delle malattie neurodegenerative, per esempio.
8) L’ Eccessivo bisogno di controllo: di questo bisogno tratterò un particolare effetto da esso generato, ovvero quello di chiudersi in fantasie auto gratificanti. L’eccessivo bisogno di controllo potrà spingerti a fantasticare in modo eccessivo.
Immagina di avere una passione in ambito artistico o sportivo, con l’ambizione di migliorarti, di emergere, di farti apprezzare. Ovviamente ciò richiede impegno e dedizione costanti. Ma, in un dato periodo di tempo, per le più disparate ragioni potresti abbandonarti alla pigrizia, alla negligenza e alla trascuratezza. Constatare questo tuo disimpegno e calo di zelo e fa male, (ti pone in uno stato di dissonanza cognitiva : sostanzialmente uno stato di incoerenza tra i tuoi valori, e i tuoi comportamenti). Qui tu potresti intervenire, per lenire tale disagio, riempendo la tua testa di fantasie di successo. L’unico risultato di tale compensazione è quello di tirarci su il morale per qualche minuto; non ci riesce (per fortuna) di ingannarci per troppo tempo; presto subentra un esame di realtà che ci porrà di fronte alla verità di non aver fatto nulla di concreto e utile per migliorarci.
Il concomitante rimprovero che ci infliggiamo avrà un effetto depressivo che potrebbe richiedere un’altra dose di fantasticherie o distrazioni che ci faranno perdere altro tempo. Capisci che questo ciclo può, giorno dopo giorno, ingrandirsi e tu potresti arrugginirti nelle tue capacità, perdere le abilità che avevi faticosamente costruito, e confermare una profezia che si auto avvera, ossia che tu non sei tagliato per quella data cosa. Mentre quello che è avvenuto è che non hai rispettato la regola incrementale del miglioramento e del successo: ogni giorno faccio qualcosa (non importa quanto piccolo, minimale sia) per imparare qualcosa, per migliorarmi. Spesso la radice del problema dell’ autosabotaggio non è una malsana immagine di se, non sono contorte conflittualità interne, sofisticati processi neurochimici, una bassa autostima, ma l’essere stati avviluppati dalla sua natura subdola e insidiosa che, progressivamente, senza che ce ne accorgessimo, ha fatto sì che cattive abitudini abbiano sostituito quelle buone.

2) I “travestimenti dell’autosabotaggio e come uscire dalla sua trappola.
La natura insidiosa dell’autosabotaggio è causata anche dal fatto che questo non si presenta, nella vita delle persone, in modo esplicito; la persona non dice a se stessa : “ora mi auto saboto”, non ci sarà l’atteggiamento del tipo: “ho un dato obiettivo e mi comporterò in modo da impedire il suo raggiungimento”. Piuttosto si constata di averlo fatto, incapaci di darsene una spiegazione. L’autosabotaggio adotta dei “travestimenti”, per così dire, in modo da rendere invisibile alla coscienza della persona la sua natura paradossale.
Dei tipici travestimenti [per il video: ne passo in rapida successione alcuni] sono:
1) “Troppi impegni”:
Quando mettiamo da parte i nostri bisogni, le nostre aspirazioni, le nostre passioni perché abbiamo “altri impegni” questo è spesso un segno di autosabotaggio.
Questo non vuol dire che le tue altre responsabilità non siano importanti, ma se ti impediscono di dedicarti alle tue passioni e interessi personali, in modo totale, potrebbe significare che si tratta di auto-sabotaggio con i baffi finti.

Fratello gemello del precedente è: 2) “non ho tempo”:
La cosa certa del tempo è che non ce n’è mai abbastanza, e sarà sempre così, come potrebbe essere diversamente.
Se ti ritrovi ad aspettare il giorno in cui avrai tutto il tempo per occuparti dei tuoi obiettivi e interessi, forse ti troverai su un altro pianeta in un’altra galassia. Di tempo ne avrai sempre poco, ma di cosa ne farai sei comunque tu il responsabile.
3) “Non so come iniziare”
Iniziare una qualsiasi attività è una fase molto delicata, implica un cambiamento; includere nella propria vita una novità comporta di scegliere di dedicarsi meno a qualcos’altro. Ed è proprio su questa naturale e inevitabile difficoltà che le contraddizioni che caratterizzano l’autosabotaggio possono trarne nutrimento, attecchire e immobilizzarti.
4) “E se fallisco? Se le cose andranno male?”
L’autosabotaggio adora l’eventualità del fallimento. Quindi ci si fa possedere dal ragionamento: “mi sottraggo dall’impegno, dalla competizione, per evitare la sofferenza, l’umiliazione del fallimento”. Che dire; sicuramente sbaglia solo chi si cimenta in qualcosa, chi non fa niente è, a suo modo, “infallibile”.
5) “aspettare il momento giusto”
Per un certo tipo di auto sabotatore, c’è sempre un motivo o un altro per pensare che in un dato giorno (proprio come il giorno prima, e il giorno prima ancora), le condizioni non sono abbastanza buone, oppure manca qualcosa per iniziare a muoversi.
Siamo noi che rendiamo un dato momento, un dato giorno giusto; è un potere che abbiamo e che mettiamo in atto tutte le volte che ci adoperiamo facendo cose utili piuttosto che cose inutili, agendo produttivamente o rimanendo immobili.

Strategie per invertire l’autosabotaggio
Abbiamo visto che l’auto sabotaggio è un atteggiamento, uno stile comportamentale inefficace, che consolidiamo piano piano nel tempo.
C’è un messaggio di speranza in questo. Se l’autosabotaggio è una questione di atteggiamenti e relative abitudini in cui cadiamo gradualmente, giorno dopo giorno, verosimilmente possiamo invertire la tendenza 1) facendo piccoli passi nella direzione opposta. Se vuoi essere un pittore, non c’è bisogno di stabilire in anticipo se sei nato per esserlo, se sei un talento della pittura, se hai una vocazione (qualunque cosa significhino tutte queste cose). Pochi minuti trascorsi a dipingere in un dato giorno sono meglio di diverse ore trascorse a sognare ad occhi aperti. La cosa buona, dell’obiettivo immediato di dipingere per pochi minuti oggi, è di essere perfettamente realizzabile, e la persona che lo raggiunge rende più facile per se stessa dedicare qualche minuto in più, all’attività desiderata, qualunque essa sia, il giorno successivo.
Sai benissimo che i risultati immaginari non sono affatto tali e i risultati reali sono piccoli in un dato giorno, nel tempo, tuttavia, si accumulano e iniziano a dare i loro frutti.
2) “Individuare il tuo personale “stile di autosabotaggio”.
Per combattere l’autosabotaggio è necessario capire dove appare questo schema e cosa lo innesca. Puoi ottenere informazioni al riguardo con una semplice comparazione: è improbabile che tu ti stia sabotando in tutte le aree della tua vita tutto il tempo. Ad esempio, potresti scoprire che fai fatica ad avere un’alimentazione sana e regolare, ma sei in grado di tenere il passo con i compiti universitari (o viceversa).
Quali sono le aree in cui noti più spesso che lo schema dell’auto sabotaggio si gonfia e prende il sopravvento? Cosa distingue queste aree dalle aree di maggiore competenza?
Se noti che spesso ti saboti, in un determinato ambito, fai un elenco delle cose che lo compongono, e parallelamente individua quali sono le buone abitudini, le buone azioni che caratterizzano gli ambiti di successo. Cerca di trasporre queste ultime nell’aria problematica, sostituendole ai comportamenti deleteri. Per esempio, noto che sono abbastanza efficace nel tenermi in forma, cosa faccio? Costantemente mi tengo in esercizio fisico, anche quando ho poco tempo o poche energie; faccio di meno, ma comunque faccio qualcosa. Mentre nell’ambito problematico, per esempio lo studio, mi riduco a fare tutto in prossimità dell’esame, e spesso non lo supero. Quindi:… ( non mi sto a dilungare su come trasferire la modalità efficace dell’ambito vincente a quello problematico.)

3) non aspettare l’entusiasmo, fallo e basta!
Qui riprendo un punto che ho lasciato in sospeso prima. “Non ho voglia , non mi sento motivato”. È probabilmente una delle lamentele più comuni che sento anche nella mia attività professionale., Non ho voglia di studiare, di fare attività fisica, di comprare, cucinare e mangiare cibi sani, di dedicarmi a hobbies arricchenti. Sento dire: ” sì, sono sicuro che sarebbe una cosa che mi farebbe molto bene ma: non ne ho voglia”

È come se fosse molto radicata la convinzione che per fare qualcosa di impegnativo debba sempre pre-esistere uno stato caratterizzato da emozioni e sentimenti positivi, piacevoli e un incontrollabile entusiasmo. Qualora tutto ciò venga a mancare ci si sente legittimati a tirare i remi in barca e fermarsi. Non importa quante volte abbiamo constatato che l’entusiasmo e la motivazione siano spontanei nei primi tempi, caratteristici della novità, che siano sentimenti fugaci e sfuggenti, continuiamo imperterriti ad impegnarci e motivarci prevalentemente solo su una forte spinta motivazionale antecedente alle azioni impegnative che dobbiamo svolgere. Per quanto tu possa essere fortemente appassionato, attratto, coinvolto da qualcosa, che sia uno sport, un lavoro, un’attività artistica, una relazione amorosa, in essa vi saranno sempre dei momenti difficili, pesanti, tediosi, fastidiosi, per attraversare i quali non si potrà fare affidamento esclusivamente ad un entusiasta ed infervorato slancio ma, piuttosto, ad abnegazione, sacrificio, sforzi indefessi. In altre parole ad una determinazione assidua, fredda e ragionata. In cui si è consapevoli che, anche se al momento la soddisfazione della nostra azione è assente, siamo certi di investire per soddisfazioni future. In tali frangenti siamo chiamati a costruire la passione e l’entusiasmo piuttosto che a muoversi sulla loro spinta. Guai a pretendere che questi debbano essere sempre presenti anticipatamente al nostro lavoro. È un po’ come se dovessimo pensarci come degli investitori a medio-lungo termine, che progettano e costruiscono, a piccoli passi la loro vita appassionante. Quindi, la filosofia da adottare è: non me lo chiedo neanche se ho voglia, lo faccio e basta perché sono convinto che è la cosa giusta da fare.

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