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Ottimismo, Pessimismo, Realismo. Istruzioni per l'uso.

Ottimismo, Pessimismo, Realismo. Istruzioni per l’uso.

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Ottimismo, Pessimismo o realismo? Facciamo chiarezza.
Essere ottimista o pessimista dipende dal modo in cui le persone si spiegano gli eventi negativi in cui si imbattono. Quindi, per far chiarezza su questa tematica è importante chiedersi: Qual è il tuo stile esplicativo? In parole semplici, qual è il tuo modo particolare di attribuire un senso alle cose che ti cadono?
Per rispondere a queste domande sono tre le dimensioni che dobbiamo prendere in considerazione: 1)permanenza 2) pervasività 3)personalizzazione . In un atteggiamento pessimistico la permanenza consiste nel considerare gli avvenimenti avversi una costante lungo il tempo, l’attitudine per cui ci si convince che gli eventi negativi, guardando al futuro, si ripresenteranno per sempre, che faranno sentire la loro influenza per tutta la durata della vita, guardando verso il passato, sarà facile trovare collegamenti e associazioni che fanno convincere che siano una riedizione di cose già successe, già accadute. Per fare un esempio, se una persona ha litigato con i propri colleghi di lavoro si convincerà, andrà a ripescare nella memoria situazioni in cui si è sempre trovato in conflitto con gli altri, e che questo succederà ancora e ancora in futuro. Perciò, se ti capita di pensare agli eventi negativi utilizzando i termini, “sempre”, “è sempre stato così”, “continuamente”, “sarà sempre così” molto probabilmente li vedi come degli elementi costanti e quindi hai uno stile pessimistico. Diversamente se usi più spesso i termini ” ultimamente”, “qualche volta” e simili, attribuendo alla negatività una realtà temporanea, hai probabilmente, un atteggiamento ottimistico. La pervasività fa riferimento alla credenza che l’evento negativo si propagherà in altri settori di vita rispetto a quello in cui si è già presentato. In altri termini, chi ha un atteggiamento pessimistico condivide l’assunto di base che i mali non vengono mai da soli, che l’evento negativo che si è vissuto, in un determinato è specifico dominio della vita si presenterà in altri ambiti e circostanze del tutto scollegati tra loro. Per esempio la persona pessimista che ha perso il proprio lavoro potrebbe benissimo pensare che perderà le relazioni affettive, sentimentali, le amicizie o la salute. La personalizzazione è l’atteggiamento per cui in caso di evento negativo tendiamo ad internalizzare, cioè accusare e colpevolarizzare noi stessi di ciò che è accaduto. Non solo. Ci convinciamo che l’ autocolpevolizzazione nei confronti della sconfitta, della perdita subita, sia imputabile a caratteristiche, mancanze e difetti sostanzialmente, stabili e permanenti della nostra persona. Volendo fare chiarezza di questi tre concetti con un unico esempio, immagina una persona che ha subito un rifiuto in ambito sentimentale da qualcuno a cui tiene in modo particolare. La persona pessimista potrà dire a se stessa nessuno starà mai con me (spiegazione permanente), le donne (gli uomini) mi disprezzano (spiegazione pervasiva). E tutto questo è dovuto al fatto che io sono poco attraente e intelligente (personalizzazione).
Devi sapere che chi ha studiato approfonditamente il fenomeno dell’ottimismo- pessimismo, primo fra tutti Martin Seligman autorevole docente universitario americano, autore del bestseller “imparare l’ottimismo” è arrivato alla conclusione che: “se di abitudine crediamo, come i pessimisti, che la colpa delle avversità sia nostra che gli eventi negativi dureranno per sempre e che rovineranno ogni cosa che faremo, subiremo più sventure di quanto succederebbe se utilizzassimo una diversa modalità di pensiero”. Avere uno stile cognitivo pessimistico ci rende più predisposti alla depressione, e ad un peggiore stato di salute generale, ci mette nella condizione di rendere meno di quanto le nostre capacità, le nostre qualità, ci consentirebbero. In sintesi, le profezie del pessimista si autoavverano.
Invece, lo stile di spiegazione ottimistico degli eventi negativi è diametralmente opposto allo stile pessimistico. La persona ottimista nei confronti dell’evento negativo contrappone un’ atteggiamento temporaneo, circoscritto (alla situazione) ed esternalizzato cioè attribuito a situazioni esterne alla propria persona. Ritornando agli esempi di prima; l’ottimista che ha avuto un conflitto in ambito lavorativo lo considererà come occasionale o sporadico, perdendo il posto di lavoro non verrà sfiorato dall’ eventualità di perdere relazioni o amicizie, e, ovviamente, le sue sventure sono attribuite a cause esterne alla propria persona. L’ottimista che riceve un rifiuto sentimentale lo circoscriverà a martedì alle cinque di pomeriggio (se è successo di martedì alle cinque di pomeriggio) e ad un’unica persona (non a tutte le donne o a tutti gli uomini) incapace di cogliere le sue qualita.
La vita riserva le stesse sventure e le stesse tragedie sia l’ottimista che al pessimista. Il pessimista tende a fermarsi a rinunciare, e nella resa, nell’immobilità, difficilmente ti accadrà qualcosa di buono. L’ottimista si riprende dalla sconfitta anche se ha ricevuto un duro colpo, si rialza, fa qualcosa, agisce, scongiurando così la disperazione e la depressione. Nell’azione e dell’intraprendenza aumentano le probabilità di ripresa e di successo.
A questo punto io voglio rivolgermi a te che magari sei una persona che si ritiene oggettiva, che ha l’onestà intellettuale di assumersi le proprie responsabilità e che non vuole sottrarsi ad una giusta e equilibrata autocritica. E che sicuramente non aspira ad essere una persona che amplifica le proprie capacità, che incolpa sempre gli altri, o la mala sorte per le sue sconfitte, in altre parole; una persona che non si assume mai le responsabilità dei propri sbagli. Sei una persona che non si vuole abbandonare ad un ottimismo ingenuo, “credulone” . Mi rivolgo a te che vuoi avere un contatto autentico, responsabili e coraggioso con ciò che ti circonda, con ciò che ti succede … Senza però incappare nella realtà delle autoprofezie negative che si avverano. E quindi, come puoi ottenere questa lucidità mentale; la giusta via di mezzo? Il percorso verso una posizione equanime è tutt’altro che semplice ma in questa occasione mi sento di darti un consiglio, un’indicazione.
Bisogna sforzarsi di essere giusti e comprensivi nei confronti di se stessi … come faccio a sapere se mi sto valutando correttamente, in modo imparziale? Quello che devi fare è uno sforzo di decentramento percettivo: riuscire a guardare quello che ti è successo, dall’esterno. Come si ottiene questo? Immagina che quello che ti è successo l’abbia invece vissuto una persona a te cara, nei confronti della quale provi dei sentimenti totalmente benevoli. Sto prendendo in considerazione un bene autentico: non vuoi che questa persona metta la testa sotto la sabbia nei confronti delle avversità ma non vuoi neanche che ne sia distrutta. A questo punto, con che criteri valuterai la persona e l’evento? Molto probabilmente, se hai uno stile di attribuzione pessimistico, ti renderai conto che sei molto più severo e critico con te stesso rispetto che alla persona a cui vuoi bene: per te riservi una durezza che non ti sogneresti di infliggere alla persona a cui tieni. Quello che ti invito a fare è quindi di volerti bene ed essere comprensivo nei confronti di te stesso così come lo saresti , così come lo sei, nei confronti delle persone alle quali auguri il meglio dalla vita.

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