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Sai cosa genera la rabbia? Scopri la sequenza che la causa

Sai cosa genera la rabbia? Scopri la sua sequenza

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In un’ampia visione, tutte le emozioni, rabbia compresa, sono delle risposte a delle rappresentazioni mentali. L’attività del nostro sistema nervoso fa sì che la nostra mente sia continuamente attraversata da rappresentazioni mentali, le quali sono per lo più costituite da immagini. Immagini che possono formarsi da processi percettivi, quello che vediamo, udiamo, sentiamo, o che si costituiscono da processi intellettivi; ciò che ricordiamo, immaginiamo, pianifichiamo e anticipiamo, o da un mix delle due cose. Ecco, quando una di queste immagini acquisisce rilevanza, quando viene valutata come importante, si innesca la risposta emotiva, il particolarissimo stato psicofisico che, tra le altre cose, è caratterizzata da specifiche modalità fisiologiche. Ogni volta che nella nostra mente si forma una rappresentazione di minaccia, affronto, sopruso, ingiustizia, facendoci sentire attaccati minacciati e oltraggiati, si avrà la risposta di rabbia.
Impostare la questione in questi termini potrebbe farla apparire più semplice di quello che è. Questo perché l’elemento attivante la rabbia, la rappresentazione di minaccia, ha almeno due componenti. Il primo è relativo agli aspetti costituenti dell’ immagine, nella loro forma essenziale, nuda è cruda. Per esempio il contenuto letterale di quello che c’è stato detto, oppure l’immagine di quella persona che ha attraversato la strada senza darci la precedenza, o il ricordo di questi elementi fattuali. Il secondo, rimanda alla sua componente soggettiva, ovvero al senso e al significato che costruiamo su ciò che ci è stato detto, che abbiamo percepito o che ricordiamo.
Ciò che verrà etichettato come oltraggioso è più che altro determinato da questo secondo processo; il tipo di elaborazione mentale a cui sottoporremo i fatti, che ci sono accaduti. E’ solo un illusione cognitiva che fa apparire univoco e immediato il senso e la valutazione che attribuiamo a ciò che ci capita. Le associazioni mentali, che velocissime scorrono a partire da un dato evento, si formano da pochi assunti di base, da pochi atteggiamenti e concezioni che abbiamo sul mondo e le sue regole, che, più o meno consapevolmente, vengono utilizzati per interpretare ciò che ci succede.
Prima di addentrarci sugli assunti di base che innescano e mantengono la risposta rabbiosa è necessario definire il criterio che qualifica e individua l’emozione rabbia, in modo da distinguerla da altri stati emotivi simili, come l’irritazione, lo sdegno, la stizza, per esempio. Limitando questa riflessione all’interazione tra persone, cioè escludendo la rabbia che si può provare verso entità astratte, come la malattia, la morte, l’ingiustizia universale eccetera, nella rabbia si ha il desiderio e l’intenzione di punire, di infliggere sofferenza, al proprio antagonista.
Se ti ritrovi spesso con questo tipo di desiderio probabilmente stai seguendo una ben precisa sequenza di attribuzione di significato.
1) Catastrofizzazione
Il primo passo della sequenza è la catastrofizzazione: un’eccessiva valutazione negativa di ciò che ci è successo. Se descrivi le avversità e i contrasti in cui ti imbatti utilizzando termini del tipo: è bruttissimo, mostruoso, terribile, tremendo, e così via, stai di fatto equiparando le contrarietà e i conflitti ricorrenti della vita a delle catastrofi. Le ostilità che subiamo, le sfortune in cui ci imbattiamo non sono quasi mai un’atrocità o una mostruosità. Se si riuscisse ad intervenire in questa fase iniziale della sequenza con obiettività e con un giudizio imparziale ed equilibrato, l’escalation rabbiosa sarebbe disinnescata alla sua origine. Il primo passo per ottenere questo è utilizzare i termini appropriati. Le parole utilizzate hanno una grande influenza su quello che proviamo.
Gli altri step si susseguono in modo consequenziale.
2) Insopportabilità
Il secondo è l’ “insopportabilità”: “è successa, mi hanno fatto, una cosa terribile; io non posso sopportarlo”. L’insopportabilità rimanda ad uno stato per cui ci si trova nell’impossibilità di sostare nella situazione che si è creata. Quindi, adesso, nell’immediato, o nel minor tempo possibile: “devo fare qualcosa per uscire da questa condizione”. Questo secondo punto è molto legato all’impulsività della rabbia e al reagire ciecamente, avventatamente piuttosto che a rispondere con lucidità.
3) Inammissibilità
Il terzo è l’inammissibilità. Questa fase è legata al rifiuto di voler contemplare l’esistenza di certi eventi, situazioni o comportamenti: “non esiste che certe cose succedano, non esiste che gli altri si comportino così”; non esiste che abbiamo detto e fatto quello che hanno detto e che hanno fatto. L’escludere dalla gamma del concepibile certi eventi o situazioni rende di fatto impossibile relazionarsi ad essi con un minimo di pacatezza e ragionevolezza, ne legittima la risposta impulsiva e rabbiosa.
4) Generalizzazione
Il quarto punto, la generalizzazione, crea un equivalenza tra il comportamento e la persona che l’ha tenuto: “dal momento che hai fatto una cosa pessima, terribile, sei una persona pessima, terribile”.
5) Punizione
Il quinto, conclusione dell’intero processo, è il desiderio di punizione; “sei una persona terribile, ti meriti di essere punito”. Ovviamente la punizione immaginata, scaturendo da un processo caratterizzato da esagerate distorsioni valutative non potrà che essere sproporzionata o paradossale. Quante volte sentiamo dalla cronaca che è successo qualcosa di irreparabile, tra automobilisti per motivi di traffico, per un parcheggio!
La gestione della rabbia si ottiene con il processo di accettazione. Argomento che ho ampiamente sviluppato nell’articolo “Gestire le emozioni negative” a cui ti rimando per approfondimenti. In questa occasione voglio soltanto ribadire che controllare la rabbia è una capacità che si può apprendere. Come in tutte le situazioni di apprendimento è bene iniziare dalle cose più semplici. Nella parte iniziale dell’articolo ho fatto riferimento al fatto che la rabbia si genera o nell’immediato, dall’evento che abbiamo vissuto “in diretta”, per così dire, o dalla riedizione mentale, spesso di tipo rimuginativo che ripetiamo internamente. Ecco, sappi che, intervenire sugli eventi che suscitano rabbia nel qui e ora, in una interazione diretta, è molto difficile. Mentre, agire sulla rabbia ripensata, rivissuta immaginativamente, è una situazione nettamente più abbordabile. Vedrai che man mano che imparerai a lasciar andare la rabbia immaginata, a fargli spazio, ad accoglierla, e a respirarci dentro, ti sarà più facile farlo anche nelle situazioni di vita reale. Buona pratica.

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